Il Vermouth è un elisir dalle antiche origini made in Italy, che si categorizza come vino aromatizzato, proprio in virtù dei suoi ingredienti principali: vino ed erbe aromatiche.
Con la sua gradazione alcolica compresa tra i 15,5° e i 22°, questa bevanda è ideale come aperitivo, sia in purezza che alla base di cocktail intensi.
Ecco un viaggio tra le sue origini, la sua ricetta e i cocktail più famosi che lo prevedono nella loro composizione.
L’uso di far macerare il vino insieme a miscele dal sapore amaro era già in voga nella Grecia classica, ma l’origine del Vermouth è tutta italiana. Nel 1786, Adriano Benedetto Carpano, nella liquoreria di Piazza Castello a Torino, realizzò una ricetta a base di vino moscato di Canelli al quale aggiunse un’infusione di 40 erbe e spezie. Il successo fu esorbitante: il Vermouth diventò la bevanda ufficiale della corte dei Savoia e la liquoreria della Piazza il locale più frequentato della città.
Da quel momento iniziò una vera e propria rivoluzione, guidata da un gruppo di vermuttieri che partì alla conquista del mondo. Fu in particolar modo Martini, futuro Martini & Rossi, a donare una fama mondiale alla bevanda grazie alle sue operazioni di marketing e alle terrazze Martini, riferimento del jet-set di Parigi, Milano, Barcellona, Londra e San Paolo, negli anni ‘50-’60.
La sua fortuna ha portato il Vermouth in tutto il mondo ma le sue origini saranno per sempre italiane, come la sua ricetta. Il Vermouth è composto da 3/4 di vino bianco italiano, con un sapore abbastanza neutro che non sovrasti gli altri ingredienti. A questo vengono aggiunti alcol, zucchero e un infuso di erbe e spezie, che ne caratterizza il sapore. La principale erba presente è l’artemisia, ossia l’assenzio, chiamato in tedesco Wermuth, da cui questa bevanda prese il nome. Ad accompagnarla una varietà di spezie, aromi naturali, erbe e frutti, tra cui melissa, la camomilla, angelica, china, scorza d’arancio, cannella, timo, zafferano, alloro e sambuco. I vari mix determinano varianti di sapore più o meno amarotiche o speziate, ma la ricchezza del Vermouth risiede proprio in questa sapiente combinazione.
Esistono diverse tipologie di Vermouth a seconda del grado zuccherino e del relativo tenore alcolico. A differenza di quanto comunemente si possa pensare, infatti, non è il colore la vera discriminante dei diversi tipi di Vermouth.
Il Vermouth Extra Dry, chiamato anche extra secco, ha meno di 30 gr di zucchero per litro, con un grado alcolico di 15% vol, ed è caratterizzato da un sapore amarotico e asciutto. Esiste poi il Vermouth Dry, o secco, con un livello di zucchero inferiore a 50 gr/l e un tenore alcolico di almeno 16% vol. A queste seguono poi le varianti semisecco (50-90 gr/l di zucchero) e il semidolce (90-130 gr/l).
A completare il cerchio si aggiunge la versione dolce, anche chiamata Sweet Vermouth con un grado zuccherino pari o superiore a 130 gr/l e un grado alcolico non inferiore ai 14,5 gradi. Questa tipologia si può a sua volta trovare in tre varianti: bianco, rosé e rosso. Il Vermouth rosso può anche essere prodotto con il vino rosso, ma ormai è in uso la pratica di aggiungere al vino bianco del caramello naturale per conferire la tipica colorazione.
Fiore all’occhiello del nostro territorio è il Vermouth di Torino IG, regolamentato da un disciplinare del 2017: un’eccellenza italiana austera, amara, più del Vermouth tradizionale, dalle decise note erbacee.
Questa indicazione geografica prevede l’utilizzo esclusivo di vino di origine italiana, tra cui spiccano il Trebbiano romagnolo e abruzzese, o addirittura di vini piemontesi nel caso della produzione del Vermouth di Torino Superiore. Le indicazioni specifiche non si limitano al vino, ma determinano anche la scelta di artemisia di origine esclusivamente piemontese, e, per la versione Superiore, anche le altre piante ed erbe aromatiche devono sempre provenire dalla regione o dal resto d’Italia.
Approcciarsi al mondo dei Vermouth è un viaggio alla scoperta di nuovi gusti e il modo migliore per farlo è attraverso cocktail iconici, le cui ricette contengono il Vermouth tra gli ingredienti fondamentali.
Innanzitutto, i cocktail con Vermouth Dry. Primo tra tutti il Martini Cocktail, anche chiamato semplicemente Dry Martini: il cocktail preferito di Hemingway nella sua versione chiamata Montgomery, da consumare ai tavoli dell’Harry’s Bar. Oppure anche il Vodka Martini, o Vodkatini, agitato e non mescolato come amava dire James Bond.
Seguono poi i famosi cocktail a base di Vermouth rosso, come il Negroni, un’icona intramontabile con Bitter e Gin, l’Americano, anche chiamato Milano-Torino perché preparato con Bitter e soda, o ancora il Manhattan, nato dalla fantasia di Jennie Jerome, la madre di Winston Churchill, mescolando il Vermouth al Whisky e a un goccio di Angostura.